CO.SE.A Team
Come si misurano le emissioni di gas serra nelle produzioni agricola e zootecnica?

S. Corallini

16 dicembre 2019

La 25a conferenza dell'ONU sul clima, detta COP25, appena conclusasi a Madrid, finisce con un nulla di fatto ed il rinvio della discussione a Bonn il prossimo giugno. Il capitolo cruciale aperto durante la precedente conferenza a Parigi, noto come Regolamentazione dei mercati del carbonio (cioè una serie di misure economiche volte ad aiutare e incoraggiare Paesi ed aziende a limitare le emissioni di anidride carbonica), è stato nuovamente rimandato. Dopo due settimane di difficili negoziati, nella sessione conclusiva, si è riconosciuto il bisogno urgente di agire contro il riscaldamento climatico, ma di fatto solo l'Unione Europea ha confermato l'impegno a raggiungere la neutralità del carbonio entro il 2050. 
In concreto, per quel che riguarda il settore zootecnico, l'industria mangimistica, rappresentata dalla Federazione Europea dei Produttori di Mangimi, è già attiva nel perseguire gli obiettivi del Green Deal, il piano d'azione per l'ambiente e il clima della Commissione Europea, verso una produzione di alimenti per animali a emissioni zero. Cosa significa emissioni zero? L'Impronta Carbonica (Carbon Footprint) consente di misurare quanto un qualunque prodotto incida sull'ambiente nell'ottica dell'emissione di gas serra (GHG), convertiti per confrontabilità in CO2e. Questo indice è riconosciuto a livello mondiale, dunque permette di paragonare il peso ambientale di ogni prodotto, se viene calcolato secondo le linee guida, armonizzate, dei protocolli standard ISO 14067 in Europa, PAS 2050 in UK e GHG PROTOCOL in USA. In Italia, come in tutta la Comunità Europea, è possibile aderire volontariamente al protocollo, richiedendo l'attestato relativo alla propria categoria di prodotto (PCR), come stanno facendo le aziende mangimistiche. Per quanto riguarda le etichette ambientali, che sono un'ottima opportunità dell'azienda per comunicare al consumatore un impegno ambientale del produttore, che l'output sia latte, prodotti caseari, carne o altro in ambito agroalimentare o no, esiste la possibilità di aderire alle EPD (Environmental Product Declaration) in Italia dette DAP (Dichiarazione Ambientale di Prodotto). Queste etichette, come normato dalla ISO 14025, sono associate ad un documento che descrive gli aspetti ambientali relativi al ciclo di vita del prodotto specifico e presenta i dati ambientali quantificati. Per aderire non sono previsti criteri selettivi o soglie, sebbene gli indici ottenuti sono confrontabili essendo i parametri standardizzati secondo ogni categoria di prodotto. Le categorie di riferimento nel settore Food & beverages sono numerose e sono suddivise in 6 PCR Basic Module: Products of agriculture, horticulture and market gardening (es. arable crops, vegetable, etc.); Live animals and animal products (es. raw milk, edible products of animal origin, etc.); Meat, fish, fruit, vegetable, oils and fats (es. meat of mammals, prepared and preserved vegetable and fruit products including juice, etc.); Dairy products and eggs products (es. processed liquid milk and cream, yoghurt, butter and cheese, etc.); Grain mill products, starches and starch products, other food products (es. grain mill products, moka coffee, etc.); Beverages (es. beer made from malt, wine, etc.).
Avere una DAP permette al produttore di accedere al bacino di quei consumatori, sempre più esigenti e sensibili alla tematica ambientale, disposti a premiare con le loro scelte d'acquisto le aziende più virtuose e permette all'azienda stessa di prendere familiarità con i protocolli ambientali che per il momento sono ancora di tipo volontario.


Per approfondimenti:
https://www.environdec.com/PCR/Detail/?Pcr=9261
http://www.ambienteambienti.com/cop-25-la-catastrofe-climatica-e-sempre-piu-vicina/
http://www.ruminantia.it/assalzoo-green-deal-europeo-limpegno-dellindustria-mangimistica/



 

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